Il campo ezida, le madri della pace ed il clima pre-elettorale in Bakur

Siamo ancora in carovana!

Dopo il primo viaggio a Kobane (dal 13 al 23 Maggio), alcuni componenti della Carovana per il Rojava hanno raggiunto da tre giorni il Bakur (Kurdistan Turco) ed in particolare la città di Amed (Diyarbakir) per esercitare il ruolo di osservatori internazionali in occasione delle elezioni politiche Turche che si svolgeranno domenica 7 Giugno.

M1090067Nella giornata di ieri, Lunedì 1 Giugno, siamo tornati in visita al campo profughi ezida “Shingal” (pochi chilometri fuori città), dove eravamo già stati poco più di due mesi fa insieme alla delegazione Italiana che aveva raggiunto il Kurdistan in occasione del Newroz.

Al nostro arrivo notiamo subito che il numero delle tende presenti è certamente aumentato rispetto a Marzo, ed ha conferma di questo una delle responsabili del campo ci dice che ormai sono  ben più di 4000 le persone presenti.

Una scuola ed un asilo sono le prime strutture che incrociamo; la prima è già attiva grazie al lavoro volontario di alcune insegnanti arrivate da Amed. Qui, nonostante l’edificio non sia certamente adeguato ad ospitare un numero così alto di persone, si fa scuola a tutti, dai più piccoli fino agli adulti. Oltre alla lingua Curda, all’inglese, ed alle altre materie base, ci dicono che da poco si insegna anche la storia delle donne. L’asilo al contrario non è ancora in funzione  perché, fra le altre cose, mancano giochi e quant’altro per l’avvio dell’attività didattica.

Il campo attualmente è diviso in 6 diverse zone, ognuna delle quali M1090030ha 15 diversi responsabili scelti direttamente dagli abitanti. La gestione, così come nell’ultima visita, è ancora totalmente affidata alle municipalità Curde (sono quattro ad oggi) che al momento rimangono le uniche istituzioni a garantire tutte le necessità per la sopravvivenza del campo stesso. All’interno sono presenti oltre alla scuola e all’asilo di prossima apertura, un ospedale, una casa delle donne, 6 tende preposte alla tutela delle stesse, ed una centrale per la distribuzione degli alimenti. I responsabili del campo si occupano di mediare tra le diverse zone, tenere i rapporti con le municipalità e distribuire alimenti alle famiglie.

Tra gli sguardi incuriositi degli abitanti e i sorrisi dei bimbi e delle bimbe che riempiono di gioia tutto intorno, ci dirigiamo verso il fiore all’occhiello del campo; un cancello in legno si apre verso un bel giardino con alberi e fiori,  in cui al centro si trova una piccola casa in legno di due piani, la Casa delle Donne.

M1090004Nata circa sei mesi fa, la casa assolve molteplici funzioni:  è aperta alle donne in difficoltà, con bisogno di supporto medico e di sostegno psicologico. Inoltre è un luogo di aggregazione, di socialità, dove tra un chai e una chiacchierata si scambiano idee, consigli, si raccontano storie e ci si confronta. E’ da pochi mesi anche un luogo di lavoro, dove con l’ausilio di macchine per cucire si auto producono manufatti di lana come vestiti, borse, accessori ed altro ancora. Questi infine vengono rivenduti al mercato e il ricavato che ne deriva finisce nella cassa comune del campo.

Davanti al banchetto con il materiale autoprodotto ci soffermiamo con le volontarie che  ci spiegano che questo progetto nasce dalla necessità di aprire un canale di comunicazione con le donne del campo. Il fare insieme ha permesso loro di abbattere il muro di M1090010 silenzio che le divideva e di intervenire, con il sostegno, l’educazione e la formazione,  su un terreno delicato e spinoso derivante da una cultura fortemente patriarcale e maschilista. Nel campo Shengal le protagoniste sono loro. E’ soprattutto sulle donne che vengono concentrati gli sforzi perché diventino esse stesse strumento in grado di smantellare il sistema patriarcale che le circonda.

Nella casa delle donne incontriamo inoltre alcuni medici ed infermieri che svolgono l’importante ruolo di educatori sanitari. Una di loro è Ezin Deniz, dottoressa di Roja Sor, associazione nata a Settembre 2014 in Germania con lo scopo di portare aiuto e supporto medico ai profughi scappati in particolare dalla zona di Shengal in seguito alle barbarie dell’ISIS. Ogni due mesi alcune staffette sanitarie formate M1090060da 3-4 diversi operatori per volta si alternano intervenendo nei diversi campi profughi, dall’Iraq fino alla zona di Suruc-Aligor. Le problematiche sanitarie maggiormente riscontrate ad oggi sono legate in particolare alle condizioni di vita nei campi (alcuni sono privi di docce e servizi igienici, in altri non ve ne sono a sufficienza), soprattutto per guanto riguarda i bambini in cui si riscontrano infezioni del tratto urinario e della bocca. L’amore e la cura verso tutti coloro che sono stati costretti a lasciare la propria terra non compenserà mai le sofferenza da loro patite, ma il sorriso di ogni bambino riesce a riempire di gioia ogni angolo del campo così come il cuore di tutti i solidali che hanno la fortuna di passare tra queste tende.

Oggi, martedì 2 Giugno, abbiamo il piacere di essere ricevuti nella sede delle Madri della Pace, organizzazione che si batte denunciando la violenza di Stato che continua a decimare ormai da decenni il popolo Curdo.

Quello che facciamo è lottare per la pace e per la dignità del nostro popolo”.

11347854_10207018666095295_191604114_oAlcuni sono madri e/o mogli dei guerriglieri della montagna e praticamente tutte hanno un figlio/figlia che si trova in prigione, oppure l’hanno perso a causa delle violenze e degli omicidi politici della polizia Turca. Vogliono visibilità e giustizia, vogliono libertà per i propri figli e per un intero popolo che da oltre mezzo secolo viene brutalmente represso per il solo fatto di avere una propria lingua, una propria cultura e che per questo continua a combattere rivendicando il proprio diritto ad esistere.

Da 21 anni mio figlio si trova in prigione e dovrà scontarne altri 10 prima di poter riprendersi la sua libertà. Ha grossi problemi di salute ma nonostante questo continua a non ricevere cure adeguate, ed anzi gli episodi di violenza e pestaggi nei sui confronti (così come per tanti altri) avvengono abitualmente.”  La donna che ci parla lo fa guardandoci dritta negli occhi e denunciando con rabbia che, per allontanarlo dalla sua famiglia, hanno trasferito suo figlio in un carcere molto lontano da Amed. Ora difficilmente può andare a trovarlo a causa dell’enorme distanza che li separa. Sono infatti 24 le ore di autobus che deve affrontare quando riesce a trovare il denaro per affrontare il viaggio, per poi aspettare da una a tre ore in attesa di un colloquio che, a causa delle dure regole del carcere dura solamente 10-15 minuti al massimo.

Io ho un figlio che per studiare all’università è dovuto emigrare verso una città della Turchia – ci dice un’altra madre – anche e soprattutto per avere più possibilità lavorative.” Questo porta i figli lontani dalla famiglia e dalla propria terra esponendoli inoltre alle vessazioni dei Turchi razzisti che li insultano e li discriminano in quanto Curdi, invitandoli a tornarsene da dove sono arrivati.

Sentiamo molta rabbia nelle loro parole ed a tratti anche un po’ di11329655_10207018667455329_817099428_n rassegnazione per una situazione, ed un massacro continuo, che sembra non finire mai. Loro continuano a denunciare, protestare e fare pressione sul governo di Erdogan, nonostante questo le esponga alle rappresaglie di polizia e militari, il tutto nel silenzio quasi assordante della comunità internazionale che resta a guardare quello che da decenni accade in questa parte di Mondo. Prima di salutarle e ringraziarle per la loro ospitalità, ma soprattutto per il loro coraggio, chiediamo se credono che l’eventuale entrata in parlamento dell’HDP posso aiutare a migliorare la situazione. Ci rispondono che naturalmente ritengono molto importante riuscire ad avere per la prima volta un riconoscimento ufficiale all’interno della massima istituzione Turca, ma che Erdogan, nel ruolo di “imperatore che tutto può fare” non cambierà di una virgola le sue politiche repressive nei confronti del Curdi, così come le migliaia di prigionieri politici non verranno rilasciati. Anzi, è sentimento diffuso che se le elezioni per Erdogan e l’AKP (il suo partito) non andranno come desiderano, questo scatenerà una nuova ondata di violenza e repressione da parte della polizia, che in parte è già cominciata nel periodo di campagna elettorale dove a decine si contano gli attacchi e gli atti intimidatori contro le sedi dell’HDP ed i suoi militanti. A tal proposito denunciano che proprio pochi giorni fa alcuni uomini armati hanno cercato di fare irruzione nella casa del co-presidente dell’HDP Selehattin Demirtas, salvo poi tramite un comunicato porgere le scuse per un “errore di indirizzo” in una operazione di polizia. Solo uno tra tantissimi episodi che raccontano della tensione ormai alle stelle a poco meno di una settimana dal voto per le politiche Turche che si svolgerà Domenica 7 Giugno.

Nonostante gli abusi e le intimidazioni, nonostante i blindati, gli idranti ed i militari armati per le strade, basta farsi un giro per Amed o vedere le decine di migliaia di persone che in tutte le città della Turchia affollano i comizi dell’HDP, per rendersi conto che qui la paura non è di casa.

Carovana per il Rojava – Amed (2 Giugno 2015)

 

 

 

 


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