Insieme ad un compagno Curdo percorriamo le strette vie della città vecchia di Amed in un frenetico via vai di gente, tra gli odori del bazar dove decine di banchetti preparano cibo a tutte le ore mentre la musica del furgone elettorale dell’HDP fa ballare le persone al suo passaggio.
Qui millenni di cultura si intrecciano con la storia di oggi, quella della lotta, del PKK, di Ocalan fino ad arrivare al Rojava, a Kobane. Lo leggiamo sui muri scrostati dal passare degli anni, lo vediamo nei volti degli abitanti che ci sorridono e ci salutano al nostro passaggio mostrandoci il segno della vittoria.
Un grosso portone di pietra nera ci segnala l’ingresso al “Dicle Filat Kultur Merkezi”, il centro culturale curdo aperto dal 2003 ad Amed, che continua così la storia iniziata nel 1991 ad Istanbul col “Navenda Canda Mezopotamya”. Qui i militanti di tutte le età svolgono attività musicali, di arte, teatro, spettacolo e ballo organizzando corsi frequentati ogni anno da migliaia di giovani e meno giovani. Nel cortile interno, accompagnati dallo scrosciare dell’acqua di una piccola fontana, ci accomodiamo tra i tavolini invitati a bere un chai con alcuni responsabili e artisti del centro.
Ci spiegano da subito l’importanza di salvaguardare, curare, nutrire la cultura curda sia come patrimonio dell’umanità, in quanto Kurdistan e la Mesopotamia culla della civiltà, sia come arma vera e propria per i curdi contro la repressione e le politiche imperialiste che vogliono cancellarne le radici e assimilarne la cultura.
Con un passato ultramillenario la cultura curda è stata tramandata oralmente attraverso i cantastorie che ne hanno salvaguardato la lingua, le storie di lotta, d’amore e di libertà. Oggi come ieri cantautori, attori, ballerini e registi continuano nella tradizione, nonostante questo significhi attirare su di se le attenzioni di chi da decenni cerca in tutti i modi di cancellare l’esistenza di un popolo vietandone la lingua, costumi e tradizioni. Un clima di tensione e di perenne repressione colpisce tutti coloro che svolgono le attività artistico-culturali. A decine sono stati arrestati, privati della libertà piuttosto che ancora sotto processo (con imputazioni che vanno dai 20 ai 30 anni) per la loro militanza nel centro culturale. Le retate, il sequestro degli strumenti, le intimidazioni di chiusura immediata sono tra le tante pressioni che il centro subisce spesso dalla polizia turca.
Sulle note di alcune sue canzoni Farquin, famoso cantautore Curdo del gruppo “Koma Azad”, ci racconta di come la sua arte gli sia costata anni di galera ed una condanna ad oltre 20 anni per “affiliazione e propaganda per un’organizzazione illegale”.
Giyasettin Sehir, regista, insegnante di ballo e attore di teatro, come tanti artisti del centro culturale, lavora e s’impegna a diffondere con i suoi spettacoli e le sue lezioni la cultura curda. Nel 1993 in una perquisizione al centro culturale “Mezopotamya” vengono trovati in possesso di un vecchio registratore per audiocassette di musica e canti in lingua Curda. Lui ed altri vengono immediatamente arrestati con l’accusa di collaborare con il PKK e per questo accusati di terrorismo: Giyasettin viene arrestato, condotto in commissariato dove per 30 giorni subì le più inenarrabili torture per poi essere trasferito nel carcere di Diyarbakir dove rimase per oltre 10 anni praticando lo sciopero della fame nel tentativo di lasciarsi morire per denunciare la dura repressione che il popolo curdo è costretto da sempre a subire.
“Quando ci picchiavano in carcere, insieme agli altri compagni, ci stringevamo gli uni agli altri in unico abbraccio non urlando di dolore, bensì cantando canzoni di lotta e libertà.”
Uscì dal carcere nel 2003 trovando la sua città completamente trasformata dalla cementificazione, con nuovi palazzi e nuovi quartieri. Tanti dei sui compagni e delle sue compagne di lotta non c’erano più, o perché in carcere, o perché costretti a fuggire in altri paesi o in montagna con la Guerilla. Per 2 anni, evitò di frequentare i pochi compagni rimasti in città onde evitare di attirare su di loro le attenzioni della polizia.
“Ma del dolore si nutre la felicità” per cui il dolore subito ha alimentato la speranza, la determinazione e la voglia di Giyasettin di ricominciare a fare arte.
Nel 2007 dirige da regista il film “Mes” ambientato a Nusaybin (sud-est della Turchia) durante il colpo di stato del 1980 guidato dal sanguinario dittatore Kenan Evren. Il film, totalmente autoprodotto ed autofinanziato attraverso le attività del “Dicle Filat Kultur Merkezi” ha ricevuto tre premi in alcuni importanti festival Turchi, ma la censura ne ha vietato la proiezione nelle sale. Al momento è al lavoro su un nuovo film sul carcere di Diyarbakir diventato negli anni 80 centro di tortura contro i militanti del PKK. Ci guarda con occhi dolci di chi non crederesti mai abbia subito anni di galera e torture, salutandoci dicendo che “ chi fa la storia è chi la vive, quelli che hanno il potere non ci hanno dato niente, ma solo preso. Non il potere, ma la resistenza ci ha dato il diritto ad esistere ed abbiamo un grosso debito con chi, oggi come ieri, continua a ribellarsi”.
Intanto oggi grandissima attesa in città per il comizio dell’HDP dove sono attese centinaia di migliaia di persone in risposta agli ultimi gravi attacchi subiti dai militanti in varie città della Turchia. Due giorni fa a Bingöl Mohamed Oge è stato colpito alla testa da un proiettile mentre era alla guida del furgone della campagna elettorale e nella mattinata di ieri ad Erzurum gruppi fascisti legati all’AKP (il partito Sviluppo e Giustizia di Erdogan) hanno attaccato (con la complicità della polizia) il comizio HDP con pietre e coltelli provocando il ferimento di 18 persone di cui uno con ustioni gravi a causa dell’incendio del furgone della manifestazione.
Stay tuned…
Carovana per il Rojava – Amed (5 Giugno 2015)