Quarto report dalla #CarovanaKobane: Suruc – Cizre – Diyarbakir

La Carovana Internazionale, vista la criticità della situazione in altre zone del Paese e su suggerimento della deputata HDP Leila Guven, decide di dividersi in due delegazioni e di andare in veste di osservatori internazionali sia a Cizre che a Diyarbakir, entrambe teatro di violenti scontri.
La delegazione diretta ad Cizre
Partiamo alle luci dell’alba per arrivare il prima possibile nella città di Cizre, nell’estremo sud-est della Turchia a poche centinaia di metri dal confine siriano, iracheno e iraniano.
9f52e37a-65d4-46c5-eaaa-ae293f1ccaafNel tragitto un primo controllo di polizia ci ferma per pochi minuti per un rapido controllo invece alle porte della città un imponente schieramento di forze dell’ordine con tank, mitra e cecchini ci fa pensare di non poter raggiungere i compagni che ci aspettano nella sede dell’HDP. Qui il partito ha registrato il 98% delle preferenze nelle scorse elezioni e la città ha dichiarato l’autonomia sulla base dei principi del confederalismo democratico. E’ questa la ragione principale della violentissima repressione durata nove giorni di coprifuoco appena cessati. Dopo un controllo dei passaporti ci lasciano passare.
All’arrivo ci accoglie un bellissimo corridoio di compagni fino al cortile interno della sede. Un parlamentare dell’ HDP ci riporta la situazione a cui è stata costretta la popolazione senza acqua ed elettricità, privazioni unite al dolore dei parenti dei martiri. Una madre – continua lui – è stata costretta a tenere nel freezer di casa il cadavere della figlia, per evitare che andasse in decomposizione.
Durante gli 8 giorni di assedio nessuno è potuto entrare o uscire dalla città; alle persone ferite sono state negate le cure d’emergenza e i paramedici sono diventati bersagli mobili per i cecchini turchi. Le linee telefoniche ed internet sono state interrotte completamente. La co-sindaca della città era stata incriminata per aver denunciato la politica governativa tesa a provocare una guerra civile e per questo le era stato revocato l’incarico istituzionale, mentre alla delegazione di parlamentari HDP arrivata alle porte della città per difendere la popolazione, non è stato permesso di entrare. Una vera e propria sospensione delle garanzie democratiche prolungata per giorni e giorni, che non ha avuto alcun riscontro sui media internazionali.
All’uscita dalla sede veniamo travolti da un corteo che sfila tra la macerie per commemorare le vittime. In testa un c’è un cordone di donne velate di bianco con le foto dei martiri. Mentre camminiamo in tanti ci indicano le case dove abitavano le vittime e alzando gli occhi incrociamo gli sguardi delle donne ancora in lacrime alle finestre. “ERDOGAN ASSASSINO” e poi ancora ”BIJI KURDISTAN” gridano uomini, donne e bambini fino alla sede del municipio.20150916_132608-421-860-450-80
Lì troviamo tutta la cittadinanza raccolta ed uno ad uno ogni rappresentante politico interviene esprimendo il dolore e la rabbia per quanto accaduto. Esprimiamo anche noi la nostra solidarietà verso il dolore dei parenti e il nostro appoggio alla resistenza di Cizre. Nel fulcro della commemorazione l’inno funebre risuona in una sala gremita di uomini che mostrano le due dita in segno di vittoria, all’esterno rimangono le donne.
Quando usciamo sentiamo ancora lo stordimento per quanto sta succedendo intorno a noi ma non possiamo fermarci. Il tempo è poco e dobbiamo ripartire prima che faccia buio. Senza neanche una sosta ci portano nel quartiere più colpito dalle violenze: si trova proprio alle spalle della sede dell’HDP. In questo dedalo di strade sconnesse i carri armati turchi sono entrati fin dentro i cortili, distruggendo muri, cabine elettriche, serbatoi dell’acqua; molte granate sono finite nei giardini e per fermarli la popolazione ha aperto delle voragini nelle strade chiuse da teli scuri per impedire la visuale ai cecchini. Le case sono crivellate da colpi di artiglieria pesante e in tanti ci invitano ad entrare per mostrarci i danni. Siamo colpiti dalla forza che tutt’ora mostrano queste persone mentre raccolgono oggetti tra le macerie. Ai margini del quartiere ancora stazionano i blindati turchi che ci minacciano con i mitragliatori dalle torrette mobili. All’improvviso vediamo avvicinarsi un corteo di donne con le foto dei martiri, che ci scorre davanti velocemente.
Ci fermiamo per una conferenza stampa di denuncia rivolta a tutti i media nazionali e internazionali: la sensazione è quella di essere testimoni di una vera e propria strategia di guerra con azioni mirate ad intimorire la popolazione locale che sostiene in blocco l’HDP e a diffondere paura e terrore nel resto del paese, minacciando una pericolosa destabilizzazione.
Nella resistenza di questa città ritroviamo tutta la forza della lotta curda, Cizre resiste come ha resistito Kobane animate entrambe da un’utopia possibile.


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